Il 5 ottobre Emporio Sant’Eustachio apre le porte del suo nuovo locale dove bere un caffè diventa una esperienza irrinunciabile.
Abbiamo conosciuto Raimondo Ricci, proprietario del locale, che ci ha raccontato come la nuova apertura abbia come obiettivo primario quello di promuovere un caffè di qualità, offrendo la possibilità di legare ancora di più a sé il pubblico che negli anni ha scelto Sant’Eustachio per la propria pausa caffè.
Sant’Eustachio ha una storia lunga e importante. Com’è iniziata?
Il locale in cui ci troviamo esisteva già nell’Ottocento. Allora si chiamava Caffè e Latte. Il nome Sant’Eustachio e arrivato dopo, con la prima modernizzazione nel 1938. La caffetteria prende il nome dalla piazza in cui ci troviamo, che a sua volta prende il nome dalla chiesa di S. Eustachio. Una “catena di Sant’Eustachio”.
Sin dal principio, il prodotto centrale è sempre stato il caffè e il locale estremamente di tendenza, principalmente perché si distingueva. In un’epoca di bar completamente fatti di legno, gli spazi di Sant’Eustachio erano tutti bianchi e in muratura. Talmente di tendenza, che era anche il ritrovo dell’allora squadra giallo-rossa.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, la centralità del caffè aumenta e Sant’Eustachio acquista una macchina tostatrice e diventa torrefazione, oltre che caffetteria.
Nel 1999 alla guida di Sant’Eustachio è subentrata la famiglia Ricci. Oggi, io – Raimondo – gestisco torrefazione e caffetteria, mentre mio fratello Roberto si occupa della ricerca del caffè, direttamente alle origini. Lo spirito rimane sempre lo stesso: la ricerca di caffè buono.
Qual è la filosofia di Sant’Eustachio?
Appunto l’orientamento al caffè, sempre. A tal punto che il caffè lo decliniamo in molte altre cose. Oltre all’espresso, infatti ci siamo inventati molte altre ricette.
È sempre esistito lo stereotipo che ci sono degli orari ben definiti per concedersi un caffè. Noi vogliamo sdoganare questo fatto che esista un momento preciso, per questo abbiamo definito un menù fatto di ricette calde e fredde, che incontri i gusti di tutti. Di chi ama l’espresso e di chi preferisce le bevande a base di latte.
Il turismo di Roma ci ha insegnato ad ascoltare i gusti degli altri e ad essere sempre pronti a reinventarsi. Spesso siamo partiti dalla riscoperta di ricette e abbinamenti antichi, uno tra tutti quello tra caffè e cioccolato, che abbiamo rielaborato in più modi.
Insomma, il caffè è il punto di partenza, ma intorno ci sono tanti altri prodotti complementari.
Ci parli della nuova apertura. Cosa differenzia Emporio Sant’Eustachio?
La filosofia alla base è la stessa. Se nella nostra location storica si è però più legati alla tradizione, qui al consumatore sono proposte preparazioni diverse, caffè diversi, per farlo entrare appieno dell’enorme galassia del caffè.
Miscele, mono-origini, diversi tipi di estrazione. Con questa nuova apertura vogliamo fare formazione, presentando al cliente il caffè in modi diversi.
Nei tanti anni di attività, abbiamo ricevuto tantissimo dai nostri clienti. Questo è il nostro modo per restituire un briciolo della gratitudine che dobbiamo loro, donando la nostra conoscenza di questa materia magica e meravigliosa.
L’idea è di ruotare mensilmente l’offerta di caffè, in modo da far conoscere prodotti sempre diversi.
Perché ha scelto La Marzocco e Modbar?
La scelta è ricaduta su La Marzocco perché nel panorama delle aziende produttrici di macchine, è sicuramente quella che ha sempre cercato di specializzarsi in qualità. Innova la tradizione, e per innovazione si intende qualcosa di sostanziale, non di semplicemente estetico.
Noi abbiamo poi deciso di puntare su una Strada e su Modbar. Modbar per noi rappresenta un altro concetto. Dà al barista un altro ruolo, permettendogli di raccontare il suo lavoro, di intrattenere, consigliare e instaurare un rapporto più profondo con il cliente. Per noi, l’obiettivo di Emporio Sant’Eustachio è arrivare ad avere una clientela che entra, si accomoda al banco e chiede “Cosa mi fai assaggiare oggi?”.
Modbar ci aiuta a dare dignità e centralità alla figura del barista, perché gli permette di raccontare anche la tecnicità del suo lavoro.